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servata al suo talamo; tu perdi tutti i tuoi beni, e sei costretto a cercar salvezza nella fuga! Ah, califfo, barbaro califfo! che cosa dirai in tua difesa quando ti troverai con Ganem davanti al tribunale del sovrano giudice, e che gli angeli faranno in tua presenza testimonianza della verità? Tutta la potenza che oggi possiedi, e sotto cui trema quasi tutta la terra, non impedirà che tu sia condannato e punito dell’ingiusta tua violenza.» Cessò a queste parole Tormenta, poichè i sospiri e le lagrime le impedirono di proseguire.
«Non occorse di più per obbligar il califfo a rientrare in sè medesimo. Comprese egli tosto che se le cose udite fossero vere, la sua favorita era innocente, e che aveva dati ordini contro Ganem e la di lui famiglia con troppa precipitazione. Per accertarsi d’una cosa, nella quale pareva interessata l’equità della quale si piccava, tornò subito all’appartamento, ed incaricò Mesrur d’andare alla torre oscura e condurgli Tormenta.
«Il capo degli eunuchi giudicò, da quell’ordine, e più ancora dall’aspetto del califfo, che il principe volesse perdonare alla favorita e richiamarla presso di sè; e ne fu consolatissimo, poichè amava Tormenta ed erasi molto interessato alla sua disgrazia. Volò sull’istante alla torre, e: — Signora,» diss’egli alla favorita, con accento denotante la sua gioia, «abbiate il disturbo di seguirmi; spero non tornerete più in questa brutta torre tenebrosa; il Commendatore de’ credenti vi vuol parlare, ed io ne ho buon augurio. —
«Tormenta seguì Mesrur, che la introdusse nel gabinetto del califfo. Tosto si prosternò essa davanti al principe, e rimase in tale posizione col viso tutto bagnato di lagrime. — Tormenta,» le disse il califfo senza invitarla ad alzarsi; «mi sembra che tu