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maggiormente, quando, entrate nella via dove, fra molte persone, incontrarono alcuni de’ loro migliori amici, videro scomparire anche questi con altrettanta precipitazione degli altri. — Ma come!» sclamò allora la madre di Ganem; «siamo appestate? Il trattamento ingiusto e barbaro che ci fu fatto, ci deve rendere odiose ai nostri concittadini? Andiamo, figliuola,» proseguì ella, «usciamo al più presto di Damasco; non fermiamoci più in una città nella quale facciamo orrore agli stessi nostri amici. —
«Sì dicendo, quelle infelicissime s’avviarono ad una parte remota della città, ritirandosi in una capanna per passarvi la notte. Colà, alcuni musulmani, spinti da spirito di carità e di compassione, vennero, appena calata la sera, a ritrovarle, loro recando varie provvisioni; ma non ardirono fermarsi per consolarle, nella tema di essere scoperti e puniti come disobbedienti agli ordini del califfo.
«Frattanto il re Zinebi aveva rilasciata la colomba per informare Aaron-al-Raschid della sua esattezza, partecipandogli tutto ciò ch’era accaduto, e scongiurandolo a comunicargli ciò che gli piacesse ordinare riguardo alla madre ed alla sorella di Ganem. Sollecita n’ebbe per la medesima via la risposta del califfo, il quale gl’ingiungeva di esiliarle per sempre di Damasco. Tosto dunque il re di Siria mandò alcune guardie alla capanna, coll’ordine di prendere la madre e la figlia, condurle a tre giornate da Damasco, ed ivi lasciarle, facendo loro divieto di tornare in città.
«Le guardie di Zinebi adempirono alla commissione, ma meno esatte del padrone ad eseguire punto per punto gli ordini di Aaron-al-Raschid, diedero per pietà a Forza de’ Cuori ed a sua madre alcune picciole monete, ed un sacco per ciascheduna da mettersi al collo, onde riporvi il vitto.