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al più presto la propria curiosità, recossi ad attenderlo in giardino.
«Behram, ch’erasi aspettato a quella chiamata, sbarcò col principe Assad, avendone prima estorta la promessa, che avrebbe confermato di essere suo schiavo e scrivano; condotto davanti alla regina Margiana, si gettò ai di lei piedi, e raccontatale primieramente la necessità che obbligato lo aveva a cercar rifugio nel suo porto, le disse di fare il mercante di schiavi; che Assad, da lui seco condotto, era il solo che gli restasse, e che lo teneva per servirgli da scrivano.
«Assad era piaciuto alla regina Margiana fin dal momento che l’aveva veduto, e questa fu assai lieta all’udire ch’era schiavo; talchè avendo risoluto di comprarlo a qualunque prezzo, chiese prima di tutto ad Assad come si chiamasse.
«— Grande regina,» rispose il principe colle lagrime agli occhi, «vostra maestà mi domanda il nome che portava prima o quello che porto oggi? — Come! avete forse due nomi?» ripigliò la regina. — Aimè! è così pur troppo,» tornò a dire Assad. «Io mi chiamava un tempo Assad (felicissimo), ed ora mi chiamo Motar (destinato al sagrificio). —
«Margiana, che non poteva penetrare il vero senso di tale risposta, l’applicò allo stato di sua schiavitù, e nel medesimo tempo conobbe com’egli avesse moltissimo spirito. — Poichè siete scrivano,» diss’ella quindi, «fatemi vedere il vostro carattere. —
«Assad, munito di carta e d’un calamaio che portava alla cintura, per cura di Behram, il quale non aveva dimenticate tali circostanze onde persuadere alla regina quanto ei voleva ch’ella credesse, si ritirò da parte, e scrisse queste sentenze, il cui senso aveva un segreto rapporto colla sua miseria.
««Il cieco si distoglie dalla fossa in cui il chiaroveggente si lascia cadere.