Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/198


180

«Ebb’ella un bel combattere il disegno di Ganem con buone ragioni; egli non volle arrendersi. La brama di viaggiare e perfezionar l’intelletto con un’intiera cognizione delle cose del mondo, lo spronava a partire, e la vinse sulle rimostranze, le preghiere e persino le lagrime della genitrice. Andò al mercato degli schiavi, ne acquistò di robusti, prese a nolo cento camelli, e provvedutosi finalmente di tutte le cose necessarie, si pose in cammino con cinque o sei mercanti di Damasco, che andavano a negoziare a Bagdad.

«Questi mercanti, seguiti da tutti i loro schiavi, ed accompagnati da vari altri viaggiatori, componevano una carovana sì grossa, che non ebbero a temer nulla da parte de’ Beduini, vale a dire degli Arabi che altra professione non hanno fuorchè di battere la campagna, per attaccare e depredare le caravane, quando non siano abbastanza forti onde respingere i loro assalti. Non ebbero dunque a provare se non le fatiche ordinarie d’un lungo cammino, facilmente dimenticandole alla vista di Bagdad, dove giunsero felicemente.

«Andarono a smontare nel khan più magnifico e frequentato della città; ma Ganem, che voleva essere alloggiato comodamente ed in privato, non vi prese stanza, contentandosi di lasciarvi in un magazzino le mercanzie, affinchè vi stessero in sicurezza. Prese quindi in affitto nei dintorni una bellissima casa, riccamente ammobigliata, con un giardino amenissimo per la quantità delle fontane e dei boschetti che vi si ammiravano.

«Alcuni giorni dopo che il giovane mercante si fu stabilito in quella casa, e ch’erasi già rimesso affatto dalla fatica del viaggio, si vestì decentemente, e recossi al luogo pubblico, ove soleano radunarsi i mercadanti per vendere o comprare, facendosi seguire da uno schiavo che portava un pacchetto di varie pezze di stoffa e di tele fine.