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capo di quaranta giorni, in qualche animale od in qualche uccello, secondo stima meglio. Voi mi parlaste di tutti quegli animali che vi si presentarono per impedirvi di approdare ed entrar nella città; questo è perchè non potendovi far comprendere in altra guisa il pericolo al quale vi esponevate, facevano ogni possibile sforzo per distogliervene. —
«Quel discorso afflisse sensibilissimamente il giovane re di Persia. — Aimè!» sclamò egli; «a qual estremità son io ridotto dalla funesta mia stella! Mi trovo appena liberato da un sortilegio, di cui sento ancor orrore, che veggomi esposto a qualche altro più terribile.» Ciò gli diede motivo di raccontare più patitamente la sua storia al vecchio, di parlargli della sua nascita, del grado suo, della sua passione per la principessa di Samandal, e della crudeltà da questa avuta di cangiarlo in uccello nel momento istosso in cui la vedeva, e facevale la dichiarazione del proprio amore.
«Allorchè il principe ebbe finito il racconto colla fortuna avuta di trovare una regina, la quale avevalo sciolto dall’incanto, e colle dimostrazioni della sua paura di ricadere in una sventura maggiore, il vecchio, per rassicurarlo: — Sebbene quanto v’ho detto della regina maga e della sua malvagità,» gli disse, «sia vero, ciò non deve peraltro mettervi nella grande inquietudine in cui vi veggo. Sono amato da tutta la città, non sono neppure ignoto alla regina, e posso dire ch’ella ha molta considerazione per me. È dunque gran ventura per voi che la vostra buona fortuna v’abbia rivolto a me piuttosto che a qualunque altro. Siete sicuro in casa mia, dove vi consiglio di rimanere, se lo volete. Purchè non ve ne allontaniate, vi garantisco che nulla vi accadrà che possa darvi motivo di lagnarvi della mia mala fede. Non è mestieri dunque che vi facciate violenza in checchessia.»