Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/166


148


pena spirò favorevole il vento, Beder vi s’imbarcò dopo aver preso commiato dal re, e ringraziatolo di tutti i benefizi, de’ quali gli andava debitore.

«Il vascello mise alla vela col vento in poppa, che lo fece progredire d’assai nella sua strada per dieci giorni continui; ma l’undecimo divenne alquanto contrario; poi aumentò, e finalmente fu tanto violento, che suscitò una furiosa tempesta. Non solo si allontanò il vascello dalla sua rotta, ma ne fu eziandio sì fortemente sbattuto, che infranti tutti gli alberi, e trasportato in balia del vento, naufragò sur una secca.

«La maggior parte dell’equipaggio rimase subito sommersa; i superstiti fidaronsi chi alla forza delle proprie braccia per salvarsi a nuoto, e chi si appigliò a qualche pezzo di legno o ad una tavola; fra questi fu Beder, che, trasportato ora dalle correnti, ora dall’onde, trepidante per l’incertezza del suo destino, si avvide finalmente d’essere vicino a terra, e poco lungi da una città di bell’apparenza. Approfittò egli delle poche forze rimastegli per approdare, e giunse infine sì presso alla riva, ove il mare era tranquillo, che toccò il fondo. Abbandonò allora subito la tavola ch’eragli stata di tanto soccorso, ma inoltrandosi nell’acqua per raggiunger la spiaggia, rimase sbalordito vedendo accorrere da tutte le parti cavalli, cammelli, muli, asini, buoi, vacche, tori ed altri animali, i quali, occupata la riva, tentarono impedirgli di mettervi il piede. Provò tutte le immaginabili difficoltà a vincere la loro ostinazione ed aprirsi il passo: e quando finalmente vi fu pervenuto, si ricoverò dietro alcuni scogli, finchè ebbe ripreso un po’ di fiato, ed asciugate le vesti al sole.

«Quando il principe volle inoltrarsi per entrare nella città, trovò di nuovo la medesima difficoltà cogli stessi animali, quasi avessero questi voluto disto-