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gnora,» le disse, «non saprei ringraziar abbastanza il cielo del favore che oggi m’ha fatto di presentare a’ miei occhi ciò ch’ei vede di più bello. Non poteva accadermi più grande ventura dell’occasione di offerirvi i miei umilissimi servigi. Vi supplico, o signora, di accettarli: una persona come voi non si trova in questa solitudine senza aver d’uopo di soccorso.

«— È vero, signore,» rispose in aria assai mesta la principessa Giauara, «esser cosa veramente straordinaria per una dama del mio grado quella di trovarsi nella condizione, in cui mi vedete. Sono principessa, figlia del re di Samandal, e mi chiamo Giauara. Stava tranquillamente nelle mie stanze situate nel suo palazzo, quando d’improvviso udii uno spaventevole rumore. Vennero tosto ad annunciarmi che il re Saleh, non so per qual motivo, invaso il palazzo, erasi impadronito di mio padre, dopo aver fatto man bassa su tutti quelli della sua guardia che vollero resistere. Io ebbi appena il tempo di fuggire, e cercar qui un asilo contro la sua violenza. —

«Al discorso della principessa, Beder rimase assai confuso per aver così bruscamente abbandonata la regina sua avola, senza aspettare lo schiarimento della novella che le si era recata. Ma fu lieto che lo zio si fosse impadronito della persona del re di Samandal, non dubitando in fatti che questo monarca non gli accordasse la figliuola per ricuperare la libertà. — Adorabile principessa,» ripigliò egli, «giustissimo è il vostro dolore, ma è facile farlo cessare insieme colla cattività di vostro padre. E voi ne converrete quando sappiate ch’io mi chiamo Beder, e sono re di Persia, e che il re Saleh è mio zio. Posso assicurarvi ch’egli non ha verun disegno di impossessarsi degli stati del re vostro padre, non avendo altro scopo se non quello di ottenere per me l’o-