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che v’adora, non è capace di consolarvi, e tenervi luogo d’ogni cosa al mondo? —
«Malgrado tutte le proteste d’amore che il re di Persia fece alla schiava, e checchè sapesse dire per eccitarla ad aprir bocca e parlargli, la schiava rimase in una freddezza sorprendente, cogli occhi bassi, senza alzarli per guardarlo, nè proferire una sola parola.
«Il re di Persia, lieto d’aver fatto un’azione, della quale era tanto contento, non la importunò più oltre, nella speranza che il buon trattamento che le farebbe, indurrebbela infine a parlare. Battè le mani, e tosto entrarono varie donne, alle quali ei comandò d’imbandire la cena. Quando l’ebbero servita: — Cuor mio,» disse alla schiava, «avvicinatevi, e venite a cenare con me.» Si alzò essa dal luogo dove si trovava, e sedutasi a lui rimpetto, il re la servì prima di cominciar a mangiare, servendola del pari a ciascun piatto durante il pasto. La schiava mangiò come lui, ma sempre cogli occhi bassi, senza rispondere una sola parola ogni qual volta le domandava se le vivande fossero di suo gusto.
«Per cambiar discorso, il re le chiese come si chiamasse, se fosse contenta del suo abbigliamento, delle gioie di cui andava adorna, cosa pensasse del suo appartamento e degli addobbi, se la vista del mare la divertisse; ma a tutte codeste domande ella mantenne sempre il medesimo silenzio, del quale ei non sapeva più cosa pensare. Immaginò che potesse forse essere muta. — Oimè,» diceva fra sè, «sarebbe possibile che Iddio avesse formata creatura tanto bella, perfetta e compita, e ch’ella avesse sì grande difetto? Sarebbe un vero peccato! Contuttociò non potrei trattenermi dall’amarla quanto l’amo. —
«Quando il re si fu alzato da tavola, lavossi le mani da una parte, mentre la schiava se le lavava