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entrare, e dategli un posto,» disse il re; «gli parlerò dopo l’assemblea.» Introdussero il mercante, e fu collocato in un luogo d’onde poteva vedere il re a suo agio, ed udirlo parlare familiarmente con quelli ch’erano più vicini alla di lui persona.

«Il re soleva trattare così con tutti gli stranieri che dovevano parlargli, e lo faceva espressamente, affinchè si abituassero a vederlo, e scorgendolo favellare a questo ed a quello con famigliarità e bontà, prendessero confidenza a parlargli nella stessa guisa, senza lasciarsi abbagliare dalla grandezza e dallo splendore ond’era circondato, atta ad incutere soggezione a quelli che non vi fossero avvezzi. E lo stesso praticava eziandio cogli ambasciatori: pranzava alla prima con essi, e durante il pasto informavasi della loro salute, del viaggio e delle particolarità del loro paese. Ciò li abituava a trattare colla sua persona, e quindi dava loro udienza.

«Sciolta l’assemblea, ed andatisene tutti, senza che rimanesse niun altro fuor del mercatante, si prosternò questi davanti al trono del re, colla faccia a terra, e gli augurò l’adempimento di tutti i suoi desiderii. Alzatosi poi, il re gli chiese se fosse vero che gli avesse condotta una schiava, e se fosse bella.

«— Sire,» rispose il mercante, «non dubito che vostra maestà non ne abbia di bellissime, cercandosene per lei con tanta cura in tutte le parti del mondo; ma posso assicurare, senza tema di troppo apprezzare la mia merce, ch’ella non ne ha forse veduta ancor una che possa entrare in competenza con questa, ove se ne considerino la leggiadria, l’eleganza, le grazie e tutte le perfezioni, delle quali va adorna. — Dov’è?» ripigliò il re; «conducimela. — Sire,» rispose il mercadante, «l’ho lasciata in mano d’un officiale de’ vostri eunuchi; vostra maestà può quindi comandare che sia fatta venire. —