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«Uno di questi sovrani, che aveva cominciato il suo dominio con felici e grandi conquiste, regnava, sono ormai molti anni, con una prosperità e tranquillità tali, che lo rendevano il più contento di tutti i monarchi.

«Una sola cosa c’era in cui stimavasi sventurato, d’essere, cioè, molto avanti negli anni, e che nessuna delle sue donne gli avesse dato un erede per succedergli dopo la morte. Ne aveva nondimeno più di cento, tutte alloggiate magnificamente e separatamente, con molte schiave per servirle, ed eunuchi per custodirle. Malgrado tutte le sue cure a contentarle e prevenirne i desiderii, nessuna adempiva alle sue brame. Glie n’erano sovente state condotte dai paesi più lontani, ed egli non si contentava di pagarle senza contrattare del prezzo, tostochè gli piacevano, ma colmava eziandio i negozianti di onori, di benefizi e di benedizioni, per attirarne altri, nella speranza che finalmente avrebbe da qualcheduna un figliuolo. Nè v’erano buone opere ch’ei pur non facesse per rendersi propizio il cielo. Prodigava elemosine immense ai poveri, feceva grandi largizioni ai più divoti della sua religione, e nuove fondazioni, tutte reali, in favor loro, onde ottenere per le loro preci quanto ardentemente bramava.

«Un giorno che, secondo il costume praticato ogni dì dai re suoi predecessori, quando stavano di residenza nella capitale, egli presiedeva l’assemblea de’ cortigiani, dove trovavansi tutti gli ambasciatori e tutti gli stranieri distinti ch’erano alla sua corte, e dove discorrevasi, non già di cose riguardanti lo stato, ma di scienze, di storia, di letteratura, di poesia e d’ogni altro argomento capace di ricreare gradevolmente lo spirito; quel giorno, diceva, venne un eunuco ad annunciargli che un mercatante, il quale giungeva da paese assai lontano con una schiava, domandava il permesso di fargliela vedere. — Fatelo