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— Poichè tutti convenite,» disse allora egli, «di non conoscerlo, e ch’io non sono meno stupito di tale novità, sono determinato a non rientrare nel mio palazzo, se non ho saputo prima per qual ragione si trovi qui questo stagno, e perchè vi sieno entro soltanto pesci di quattro colori.» Ciò detto, ordinò di accampare, e tosto il suo padiglione e le tende della sua corte furono erette sulla riva dello stagno.

«Sul far della notte, il sultano, ritiratosi nel suo padiglione, parlò in segreto al gran visir. — Visir,» gli disse, «ho l’animo stranamente turbato: questo stagno trasportato in questi luoghi, quel Negro comparso nel nostro gabinetto, e quei pesci che abbiamo udito parlare; tutto ciò eccita in guisa la mia curiosità, che non posso resistere all’impazienza di soddisfarla. A tal fine ho meditato un disegno, che voglio assolutamente eseguire. Penso allontanarmi solo dal campo; vi comando pertanto di tenere segreta la mia assenza; fermatevi sotto il mio padiglione, e domattina, quando gli emiri ed i cortigiani si presenteranno all’ingresso, rimandateli, dicendo che sono indisposto e bramo restar solo. I giorni seguenti, continuerete a dir loro la medesima cosa fino al mio ritorno.

«S’affannò il gran visir a distogliere il sultano dalla sua idea, rappresentandogli il pericolo cui si esponeva, e la pena che stava per prendere, forse invano. Ma ebb’egli un bell’esaurire tutta la propria eloquenza, il sultano non rinunciò alla presa risoluzione, e preparandosi ad effettuarla, vestì un abito comodo per camminare a piedi, si munì d’una sciabola, e quando vide che tutto nel campo era tranquillo, partì affatto solo. Volse prima i suoi passi verso una delle colline che ascese senza fatica. Ancor più agevole gliene riuscì la discesa, e giunto al piano, andò camminando fino al levar del sole. Allora, scorgendo da lontano un grande edificio, se ne rallegrò, nella speranza di po-