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furono rivoltati, il muro della cucina si spalancò, e ne uscì una giovane di ammirabile bellezza e statura maestosa, vestita d’una stoffa di raso a fiori all’uso d’Egitto, con orecchini, una collana di grosse perle e braccialetti d’oro guarniti di rubini; la quale, tenendo in mano una bacchetta di mirto, si accostò alla casserola, con grande meraviglia della cuoca, che a tal vista rimase immobile, e percuotendo uno de’ pesci colla punta della bacchetta, gli disse: — Pesce, pesce, sei tu nel dover tuo?» Non avendo il pesce risposto, essa ripetè le medesime parole, ed allora i quattro pesci alzarono tutti insieme il capo, e dissero distintamente: — Sì, sì; se voi contate, noi contiamo: se pagate i vostri debiti, noi paghiamo i nostri; se voi fuggite, noi vinciamo e siamo contenti.» Finite ch’ebbero tali parole, la giovane rovesciò la casserola, e rientrò nella fessura del muro, che si richiuse tosto e tornò nel medesimo stato di prima.

«La cuoca, spaventata di tutte quelle maraviglie, rinvenuta dal suo terrore, andò a raccogliere i pesci caduti sulla bragia; ma trovandoli più neri del carbone, e fuor di stato d’essere serviti al sultano, n’ebbe gran dolore, e mettendosi a piangere direttamente: — Ahi!» sclamò, «cosa sarà di me? Quando racconterò al sultano ciò che ho veduto, son certa che non vorrà credermi; e chi sa in qual furia monterà egli contro di me!

«Mentr’ella così affliggevasi, entrò il gran visir e le chiese se i pesci fossero pronti. Gli narrò essa allora l’accaduto; e quel racconto, come ognun può credere, lo sorprese assai; ma senza parlarne al sultano, inventò una scusa per contentarlo, e mandò sul momento a cercare il pescatore, arrivato il quale: — Pescatore,» gli disse, «portami quattro altri pesci simili a quelli che già recasti.» Il vecchio non gli comunicò quanto avevagli raccomandato il genio;