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NOTTE XIX


Verso la fine della decimanona notte, Dinarzade, chiamata la sultana, le disse: — Sorella, sono impazientissima di udire il seguito della storia del pescatore; raccontala di grazia, intanto che comparisce il giorno.» Scheherazade, permettendolo il sultano, ripigliò allora di tal guisa:

— Lascio pensare alla maestà vostra qual fu la sorpresa del sultano al vedere i quattro pesci presentatigli dal pescatore. Li prese un dopo l’altro per considerarli attentamente; ed ammiratili a lungo: — Prendete questi pesci,» disse poi al suo primo visir, «e portateli all’abile cuoca mandatami dall’imperatore de’ Greci; m’immagino che non saranno men buoni di quel che sono belli.» Il visir li portò in persona alla cuoca, e nel consegnarglieli le disse: — Ecco quattro pesci recati in questo momento al sultano; egli vi ordina di prepararglieli.» Eseguita la commissione, tornò al sultano suo padrone, che lo incaricò di dare al pescatore quattrocento pezze d’oro di sua moneta, il che puntualmente fu fatto. Il pescatore, il quale non aveva mai posseduta una sì gran somma tutta in una volta, non capiva in sè dalla gioia, e risguardava tale felicità come un sogno; ma conobbe quindi ch’era reale pel buon uso che ne fece, impiegandola nei bisogni della famiglia.

«Ma, sire,» proseguì Scheherazade, «dopo avervi parlato del pescatore, debbo parlarvi eziandio della cuoca del sultano, che siamo per trovare in un grande imbroglio. Puliti ch’ebbe i pesci recati dal visir, li pose sul fuoco in una casserola coll’olio per friggerli, e quando li credè abbastanza cotti da un lato, li volse dall’altro. Ma, o prodigio inaudito! appena