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Calò le reti e ne pigliò quattro, ciascuno de’ quali era d’uno di quei colori. Siccome non ne aveva mai veduto di simili, non poteva saziarsi dall’ammirarli, e stimando di poterne ricavare una somma considerevole, ne sentiva grande allegrezza. — Prendi quei pesci,» gli disse il genio, «e va a presentarli al tuo sultano: ei ti darà più denaro che tu non n’abbia maneggiato in tutta la tua vita. Potrai venire ogni giorno a pescare in questo stagno; ma ti avverto di non gettar le reti che una volta sola al giorno; altrimenti mal te ne avverrà; bada bene all’avvertimento che ti do, e se lo segui a puntino, te ne troverai contento.» Ciò detto, battè col piede la terra, che s’aprì, e si rinchiuse dopo averlo inghiottito.

«Il pescatore, risoluto di seguire in tutto i consigli del genio, si guardò bene dal gettare una seconda volta le reti, ed avviatosi alla città, contentissimo della pesca, andava facendo mille riflessioni sulla sua avventura. Corse poi difilato al palazzo del sultano per presentargli i suoi pesci...

«Ma, sire,» disse Scheherazade, «veggo il giorno; bisogna che mi fermi qui. — Sorella,» disse allora Dinarzade, quanto sono sorprendenti gli ultimi casi che ci narrasti! Dubito assai che tu possa d’or innanzi raccontarne altri che lo siano di più. — Mia cara sorella,» rispose la Sultana, «se il sultano mio padrone mi lascia vivere fino a domani, son persuasa che troverai il seguito della storia del pescatore ancor più maravigliosa del suo principio, ed incomparabilmente più gradevole.» Schahriar, curioso di sentire se il resto della storia del pescatore fosse qual promettevalo la sultana, differì ancora l’esecuzione della legge crudele ch’erasi imposta.