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mi avrai di qui tratto. — No,» disse il pescatore, «non isperare ch’io ti liberi; ma cessi ormai il ragionare; torna dunque in tondo agli abissi. — Un’altra parola, pescatore,» gridò il genio; «ti prometto di non farti alcun male; anzi, t’insegnerò un mezzo di diventare opulentissimo.» La speranza di trarsi dalla miseria disarmò il pescatore. — Potrei ascoltarti,» gli disse, «se si potesse far calcolo sulla tua parola: giurami, pel santo nome di Dio, che farai di buona fede quanto dici, ed io ti aprirò il vaso. Credo che non sarai tanto ardito da violare un tal giuramento.» Il genio lo fece, ed il pescatore levò subito il coperchio del vaso. Ne uscì tosto il fumo, ed il genio, ripigliata la sua forma nella stessa maniera dell’altra volta, la prima cosa che fece fu di gettar il vaso nel mare con un calcio. Quell’atto spaventò il pescatore. — Genio,» gli disse, «che cosa significa ciò? Non volete osservare il giuramento testè fatto? E dovrò ripetervi le parole del medico Duban al re greco: Lasciatemi vivere, e Dio prolungherà i vostri giorni?

«La tema del pescatore fe’ ridere il genio, il quale gli rispose: — No, pescatore, ti rassicura: gettai in mare quel vaso sol per divertirmi e vedere se ne avresti paura; ma per convincerti che voglio mantenerla parola, prendi le reti e seguimi.» Ciò dicendo, si mise a camminare innanzi al vecchio, il quale, carico delle sue reti, lo seguiva con certa qual diffidenza. Passarono davanti alla città, e saliti in cima d’un monte, scesero quindi in un’ampia pianura, e si diressero verso uno stagno situato tra quattro colline.

«Giunti sulla sponda dello stagno, il genio disse al vecchio: — Getta le reti e piglia pesce.» Il pescatore non dubitò di prenderne, vedendone grandissima quantità nello stagno; ma quello che sommamente lo sorprese, fu l’osservare esservene di quattro colori diversi, cioè bianchi, rossi, turchini e gialli.