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vostra maestà. Vi ha guarito, voi dite; eh! chi può accertarvene? Forse non v’ha risanato che in apparenza, e non radicalmente. Chi sa che quel suo rimedio non produca col tempo perniciosi effetti?» Il greco re, ch’era per natura di scarsissima intelletto, non ebbe bastante penetrazione da comprendere la mala intenzione del visir, nè fermezza bastante per persistere nel primo suo sentimento. Quel discorso lo scosse. — Visir; hai ragione,» gli disse; «ei può infatti essere venuto espressamente per togliermi la vita, potendo benissimo farlo mediante il solo odore di qualcuna delle sue droghe. Vediamo che cosa convenga fare in tale congiuntura.

«Quando il visir vide il re nella disposizione che voleva: — Sire,» gli disse, «il mezzo più sicuro e pronto per guarentire il vostro riposo e mettere in sicurezza la vita vostra, consiste, a parer mio, nel mandar subito a chiamare Duban, e fargli balzare il capo, appena sia giunto. — Veramente,» ripigliò il re, «credo anch’io sia questa l’unica via d’antivenire il suo disegno.» Sì dicendo, chiamò un ufficiale e ordinogli d’andare in cerca del medico, il quale, non sapendo che cosa il re volesse, s’affrettò tosto al palazzo. — Sai tu,» gli disse il re al vederlo, «perchè ti feci chiamare? — No, sire,» rispose quello, «ed aspetto che vostra maestà si degni manifestarmelo. — Ti ho fatto venire,» il re riprese, «per liberarmi di te col toglierti la vita.

«Sommo fu lo stupore del medico udendo intimarsi così il decreto di sua morte. — Sire,» diss’egli, «qual motivo può avere vostra maestà di farmi morire? Qual delitto ho commesso? — Seppi da buona fonte,» replicò il re, «che tu sei una spia venuta alla mia corte per attentare alla mia vita; e per impedirlo, voglio toglierti la tua. Ferisci,» aggiuns’egli, volgendosi al carnefice già presente, «e