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NOTTE XIV


— Sorella,» sclamò Dinarzade sul finire della decimaquarta notte, «ripiglia, te ne prego, la storia del pescatore; tu sei rimasta, se non erro, al momento in cui il re greco sostiene l’innocenza del medico Duban, e ne prende animosamente le parti. — Me ne ricordo,» rispose Scheherazade; «ora ne udrai la cominuazione.

«Sire.» proseguì ella, sempre volgendo la parola a Schahriar, «quello che il re greco aveva detto del re Sindbad, punse la curiosità del visir, che gli disse: — Sire, supplica vostra maestà di scusarmi, se ardisco chiederle cosa dicesse il visir del re Sindbad al suo padrone, onde distoglierlo dal far morire il principe suo figliuolo.» Il re greco volle compiacerlo, e rispose: — Quel visir, dopo avere rappresentato al re Sindbad che, per l’accusa d’una matrigna, temer doveva di fare un’azione onde potesse pentirsi, gli narrò la seguente storia.


STORIA

DEL MARITO E DEL PAPPAGALLO.


«Un dabben uomo aveva una bella moglie, e l’amava con tanta passione che non perdevala quasi mai di vista. Un giorno in cui affari urgenti costringevanlo ad allontanarsi da lei, recossi in un sito ove si vendevano uccelli d’ogni sorta, e comperò un pappagallo, che non solo parlava assai bene, ma aveva anche il dono di riferire tutto ciò che in sua presenza si facesse; portatoselo in una gabbia a casa, e pregata la moglie a metterlo nella sua stanza, e