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usciva, non mancava la dama di sgridarlo, minacciandolo ed ingiuriandolo, con grande malcontento di Amgiad, il quale voleva risparmiarlo, nè osava dirgli nulla. Quando fu tempo di caricarsi, Bahader preparò loro, un letto sul sofà, e si ritirò in un’altra stanza, dove, dopo sì grave fatica, non istette guari ad addormentarsi.
«Amgiad e la donna conversarono per un’altra buona mezz’ora, e prima di coricarsi, questa ebbe bisogno d’uscire. Nel passar sotto il vestibolo, udendo che Bahader russava di già, ed avendo veduto una sciabola nella sala: — Signore,» disse al giovane rientrando, «vi prego di fare una cosa per amor mio. — Di che si tratta per servirvi?» rispose Amgiad; — Fatemi il piacere di prendere quella sciabola,» ripigliò essa, «ed andare a tagliar la testa al vostro schiavo. —
«Rimase il giovane estremamente sbalordito a siffatta proposizione, che il vino faceva fare alla donna, com’ei non dubitava. — Signora,» le disse, «lasciamo là il mio schiavo; esso non merita che pensiate a lui; l’ho castigato, l’avete castigato anche voi, e basta così; d’altronde, sono contentissimo di lui, e non è solito fare questa sorta di mancanze.
«— Io non sarò paga,» ripigliò l’arrabbiata donna, «finchè non vegga morto quel furfante, e se non muore per man vostra, morirà per la mia.» Sì dicendo, prese la scimitarra, la sguainò, e corse via per eseguire il pernicioso suo disegno.
«Amgiad la raggiunse sotto il vestibolo, e trattenendola: — Signora,» le disse, «è forza soddisfarvi, poichè lo desiderate: sarei inconsolabile che un altro fuor di me togliesse la vita al mio schiavo.» E quand’essa gli ebbe consegnata la sciabola: «Venite, seguitemi,» soggiunse, «e non facciamo strepito, affinchè non si svegli.» Entrarono nella camera dov’era