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medesimo, onde non essere il carnefice dei proprii figliuoli; ma avendoli fatti arrestare, fece venire sulla sera un emiro chiamato Giondar, e gli comandò di andare ad ucciderli fuor della città, nel luogo e quanto più lontano gli piacesse, e non riedere se non recasse i loro abiti bagnati di sangue, in segno dell’esecuzione dell’ordine che gli dava.

«Giondar si pose in cammino coi principi, e viaggiò tutta la notte; la mattina appresso, quando fu smontato, significò ai giovani, colle lagrime agli occhi, l’ordine ricevuto. — Principi,» disse loro, «assai crudele è questo incarico, ed è per me una mortificazione delle più sensibili d’essere stato scelto ad eseguirlo: volesse Iddio che potessi dispensarmene! — Fate il dover vostro,» risposero i giovani; «sappiamo bene che voi non siete la causa della nostra morte; e ve la perdoniamo di buon cuore. —

«Dicendo queste parole, i principi si abbracciamo e si dissero l’ultimo addio con tanta tenerezza, che rimasero a lungo senza separarsi. Assad quindi si accinse pel primo a ricevere il colpo mortale. — Cominciate da me;» diss’egli a Giondar; «che non abbia il dolore di veder morire il mio caro fratello.» Amgiad si oppose, e Giondar non potè, senta versare più lagrime di prima, restar spettatore della loro contestazione, che dinotava quanto fosse sincera e perfetta la loro amicizia.

«Terminarono infine quella commovente contesa, pregando Giondar di legarli insieme e metterli nella situazione più comoda, per iscagliare ad entrambi il colpo di morte nel medesimo tempo: — Non negate,» soggiunsero, «di dare la consolazione di morire insieme a due sfortunati fratelli, i quali, perfino nell’innocenza, tutto ebbero comune dacchè sono al mondo. —

«Annuì l’emiro al desiderio dei principi: li legò,