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NOTTE CCXXIX


— Sire, lasciammo ieri le due snaturate regine nella risoluzione detestabile di perdere i due principi loro figliuoli. Il giorno dopo, il re Camaralzaman, al ritorno dalla caccia, rimase assai maravigliato di trovarle a letto insieme, abbattute, ed in uno stato che seppero tanto bene contraffare, ch’egli, mosso a compassione, chiese con premura cosa fosse loro accaduto.

«A tale domanda, le perfide donne raddoppiando i gemiti ed i singhiozzi; e quando il re le ebbe ben bene sollecitate, la regina Badura prese finalmente a dire: — Sire, il giusto dolore, dal quale siamo comprese, è tale, che noi non dovremmo più rivedere la luce del sole, dopo l’oltraggio che i principi vostri figliuoli ne fecero con una brutalità senza esempio. Per una trama indegna della loro nascita, la vostra lontananza ispirò ad essi l’ardire e l’insolenza di attentare al nostro onore. Vostra maestà ci dispensi dal dirne di più; l’afflizione nostra basterà per farle comprendere il resto. —

— «Il re fece chiamare i due principi, ed avrebbe lor tolta la vita di propria mano, se il vecchio re Armano, suo suocero, che trovavasi presente, non avessegli trattenuto il braccio. — Figliuolo,» gli disse, «che cosa pensate di fare? Volete macchiarvi le mani ed innondare il palazzo del proprio vostro sangue? V’hanno altri mezzi di punirli, se è vero che siano rei.» Procurò di acquetarlo, e lo pregò d’esaminar bene se fosse certo che avessero commesso il delitto di cui venivano accusati.

«Camaralzaman potè bene usar tanto impero su sè