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«Quando la principessa Badura ebbe finito, volle che il principe le narrasse per qual avventura fosse stato il talismano origine della loro separazione. La soddisfece egli, e terminato ch’ebbe, si lagnò con cortesi parole della crudeltà da lei avuta di farlo tanto tempo languire; gli oppose ella le ragioni già riferite; e quindi, siccome era molto tardi, si coricarono...»

Scheherazade s’interruppe a quest’ultime parole; ma proseguì la notte seguente, e disse al sultano delle Indie:


NOTTE CCXXVIII


«— Sire, Badura e Camaralzaman alzaronsi all’indomani appena fu giorno; ma la principessa lasciò l’abito reale per prendere quello di donna, e quando fu vestita, mandò il capo degli eunuchi a pregare il re Armano, suo suocero, di prendersi l’incomodo di venire nel di lei appartamento.

«Al suo giungere, grandissima fu la sorpresa del re Armano vedendo una dama ch’eragli ignota, ed il gran tesoriere cui, come anche a verun altro signore della corte, non apparteneva di entrare nel palazzo interno. Sedendosi, chiese ove fosse il re.

«— Sire,» rispose la principessa, «ieri io era il re, oggi più non sono che la principessa della China, consorte del vero principe Camaralzaman, vero figliuolo del re Schahzaman. Se vostra maestà vuol degnarsi d’aver la pazienza di udire la storia d’entrambi, spero che non mi condannerà d’avergli usato sì innocente inganno.» Il re Armano le concesse la parola; e l’ascoltò con maraviglia dal principio alla fine.