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non conducesse qualche distinto straniero, e soprattutto di che fosse carica la sua nave.

«Soddisfece il capitano a tutte quelle domande, e quanto ai passeggeri, assicurò non esservi se non i mercatanti, i quali solevano venire, portando stoffe ricchissime di vari paesi, tele delle più fine, a colori e lisce, gioie, muschio, ambra grigia, canfora, spezierie, zibetto, droghe per medicinali, olive e varie altre cose.

«La principessa Badura, la quale amava appassionatamente le olive, appena ebbe udito nominarle: — Prendo per me,» disse al capitano, «tutte quelle che avete; fatele sbarcare sul momento, ed io ne farò l’acquisto.» Quanto alle altre merci, avvertirete i mercadanti di portarmi ciò che hanno di più bello, prima di mostrarlo ad altri…

«— Sire,» rispose il capitano, che la prendeva pel re dell’isola d’Ebano, siccome lo era in fatto sotto l’abito che ne portava, «ve ne sono cinquanta vasi grandissimi, ma appartengono ad un mercadante che rimase a terra. L’aveva avvertito io stesso, e lo aspettai indarno per molto tempo; infine, vedendo che non veniva, e che il suo ritardo impedivami di approfittare del buon vento, perdetti la pazienza e misi alla vela. — Non tralasciate di farle sbarcare,» disse la principessa; ciò non c’impedirà di stringere il contratto. —

«Il capitano mandò la scialuppa al vascello, e quella ne tornò in breve carica dei vasi d’olive. La principessa chiese allora quanto potessero valere quei cinquanta vasi all’isola d’Ebano; il capitano rispose: — Sire, il proprietario è assai povero: vostra maestà non gli farà molta grazia, dandogliene mille pezze d’argento.

«— Affinchè rimanga contento,» riprese la principessa; «ed in considerazione della sua povertà che voi dite, vi si conteranno mille pezze d’oro, che avrete