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«L’undecimo giorno, l’uccello, sempre volando, e Camaralzaman, che non cessava dal seguirlo, giunsero ad una grande città, e quando l’uccello fu presso alle mura, s’innalzò al di sopra, e slanciando ben oltre il volo, si tolse intieramente alla vista del giovine, il quale perdette così la speranza di rivederlo, e ricuperare più mai il talismano della principessa Badura.

«Camaralzaman, afflitto da amarissimi pensieri, entrò nella città, fabbricata sulla spiaggia del mare con un bellissimo porto. Camminò a lungo per le vie senza badare dove andasse, nè in qual luogo potesse fermarsi, e così giunse al porto. Ivi, ancor più incerto su quello che dovesse fare, continuò lungo la spiaggia finchè vide la porta aperta d’un giardino, dove si presentò. Il giardiniere, ch’era un buon vecchio, occupato a lavorare, alzò la testa in quel momento; e l’ebbe appena veduto, e conosciuto ch’era straniero e musulmano, lo invitò ad entrare immediatamente, e chiudere la porta.

«Entrò dunque Camaralzaman, chiuse la porta, e voltosi al giardiniere, gli domandò perchè gli avesse fatta prendere quella precauzione. — Si è,» rispose il giardiniere, «ch’io ben veggo esser voi uno straniero arrivato da poco, e musulmano, e che questa città è abitata, per la massima parte, da idolatri che nutrono mortal avversione contro i musulmani, e che trattano assai male i pochi che qui trovansi della religione del nostro gran profeta. Bisogna che voi lo ignoriate, ed lo risguardo come un miracolo che siate venuto fin qui senza sinistro alcuno. In fatti, sono questi idolatri attentissimi, sopra ogni cosa, ad osservare i musulmani stranieri al loro arrivo, e farli cadere in qualche agguato, se non siano ben istruiti della loro malvagità. Lode a Dio, che v’ha condotto in luogo di sicurezza! —

«Ringraziò Camaralzan quel dabben uomo con