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l’abito se non per meglio riuscire a meritar l’alta parentela del monarca più potente dell’universo. Son nato principe, figlio di re e di regina: Camaralzaman è il mio nome, e mio padre chiamasi Schahzaman: egli regna nelle isole abbastanza conosciute dei Figli di Khaledan.» Gli raccontò poscia la sua storia, e fecegli conoscere la maravigliosa origine dell’amor suo, come lo era del pari quella dell’amore della principessa, e che ciò giustificava il cambio dei due anelli.

«Quando Camaralzaman ebbe finito: — Una storia sì straordinaria,» sclamò il re, «merita di non restare ignota alla posterità. Io la farò scrivere in caratteri d’oro, e deposto che ne abbia l’originale negli archivi del regno, la renderò pubblica, affinchè dagli stati miei passi ancora negli altri. —

«Le cerimonie nuziali si celebrarono nello stesso giorno, e se ne fecero solenni allegrezze in tutta l’estensione della China. Marzavan non fu dimenticato: il re gli diè libero adito alla sua corte, onorandolo d’una carica, con promessa d’innalzarlo in seguito ad altre maggiori.

«Il principe Camaralzaman e la principessa Badura, al colmo entrambi de’ loro voti, godettero delle dolcezze dell’imeneo; e per parecchi mesi il re della China non cessò di manifestare il suo contento con continue feste.

«In mezzo a tanti piaceri, ebbe una notte Camaralzaman un sogno, nel quale parvegli di vedere il re Schahzaman, suo padre, in letto, prossimo ad esalare l’anima, il quale diceva: — Questo figliuolo che misi al mondo, che sì teneramente amai, questo figlio mi ha abbandonato, ed egli stesso è la cagione della mia morte.» Si svegliò allora mandando un gran sospiro, che destò la sposa, la quale gli chiese perchè sospirasse.