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sua presenza allevii il dolore del principe, e che la presenza del principe sollevi reciprocamente il vostro; ma deve pensare a non trascurar tutto. Mi permetta adunque ch’io le proponga di recarsi col principe al castello dell’isoletta poco lontana dal porto, e dare udienza due sole volte alla settimana. Mentre questa occupazione l’obbliglierà ad allontanarsi dal principe, la bellezza incantevole del luogo, l’aria salubre, e la vista meravigliosa che vi si gode, faranno che il principe stesso sopporti la vostra lontananza, d’altronde di poca durata, con maggior pazienza. —

«Il re Schahzaman approvò il consiglio, e subitochè il castello, dove non era stato da molto tempo, fu in istato di riceverlo, vi si recò col principe, non abbandonandolo se non per dare precisamente le due udienze. Il resto del tempo lo passava al capezzale del suo letto, ed ora procurava di consolarlo, ora con lui affliggevasi.

«Mentre tali cose accadevano nella capitale del re Schahzaman, i due geni Danhasch e Caschcasch avevano riportata la principessa della China nel palazzo ov’era stata rinchiusa dal re suo padre, e ripostala in letto.

«L’indomani mattina, allo svegliarsi, la principessa della China si guardò a destra ed a sinistra; e non vedendosi più vicino il principe Camaralzaman, chiamò le sue donne con una voce che le fece accorrere velocemente. La sua nutrice, presentatasi al capezzale, le domandò che desiderasse, e se le fosse accaduto qualche cosa.

«— Ditemi,» soggiunse la principessa, «che mai avvenne del giovane, ch’io amo di tutto cuore, e che ha dormito stanotte con me? — Principessa,» rispose la nutrice, «non intendiamo nulla alle vostre parole, se non vi spiegate meglio. —


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