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a tutto il suo sdegno, anzichè prestargli il giuramento di fedeltà e sommessione ch’egli esigeva. Allora, per castigarmi, mi rinchiuse in questo vaso di rame, e per assicurarsi ch’io non potessi fuggire dalla mia prigione, impresse egli medesimo sul coperchio di piombo il suo suggello, ov’era scolpito il gran nome di Dio. Consegnò quindi il vaso ad uno dei genii che lo servivano, ed imposegli di buttarmi in mare; il che tosto fece con mio gran dolore. Durante il primo secolo della mia cattività, giurai che se alcuno m’avesse liberato prima di cent’anni, lo avrei arricchito anche dopo la sua morte. Ma il secolo trascorse, e niuno mi rese tal servigio. Nel secondo secolo feci giuramento di aprire tutti i tesori della terra a chiunque mi avesse liberato, ma non fui più felice di prima. Nel terzo promisi di fare del mio salvatore un possente monarca, di star sempre presso di lui in ispirito, e concedergli ogni giorno tre domande, di qualunque natura fossero; ma quel secolo passò come gli altri due, ed io rimasi nella stessa condizione. Infine dolente, anzi irritato di vedermi sì a lungo prigione, giurai che se alcuno mi avesse posto in libertà, lo avrei fatto tosto morire, non accordandogli verun’altra grazia, fuorchè la scelta della morte. Or dunque, poichè tu sei oggi qui venuto, e m’hai liberato, scegli in qual modo vuoi ch’io t’uccida.
«Quel discorso afflisse oltremodo il pescatore. — Io sono ben infelice,» sclamò, «d’essere capitato in questo luogo a rendere sì gran servigio ad un ingrato! Riflettete, vi prego alla vostra ingiustizia, e rivocate un giuramento sì poco ragionevole. Perdonatemi, e Dio perdonerà a voi pure: se sarete generoso tanto da lasciarmi in vita, egli vi farà sicuro d’ogni trama che potesse ordirsi contro i vostri giorni. — No, la tua morte è certa,» disse il