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— Principe,» gli rispose, «non vi sorprende la meraviglia che dimostro per quello che mi chiedete. Sarebbe mai possibile che, non dico una donna, ma nessun uomo al mondo sia penetrato di notte in questo luogo, ove non si può entrare se non per la porta, e passando sul corpo del vostro schiavo? Di grazia, richiamate ben bene la memoria, e troverete di aver fatto un sogno che vi lasciò questa forte impressione.

«— Io non m’arrendo al vostro discorso,» ripigliò il principe con voce più alta; «voglio assolutamente sapere cosa è stato di quella dama; e qui sono in un luogo dove saprò farmi obbedire. —

«A tali ferme parole, il gran visir si trovò in un imbarazzo da non potersi esprimere, e pensò ai mezzi di cavarsela alla meglio. Prese il principe colle buone, e gli chiese in termini più sommessi e civili, se avesse egli medesimo veduta questa donna.

«— Sì, sì,» ripigliò il principe, «l’ho veduta io, e ben m’avvidi che voi l’avete introdotta a bella posta per tentarmi. Essa ha fatto assai bene la parte, che voi gli avete prescritta, di non dir una parola, di fare l’addormentata, e d’andarsene quand’io avessi di nuovo preso sonno. Voi lo sapete di certo, ed essa non avrà mancato di riferirvelo.

«— Principe,» replicò il gran visir, «vi giuro non esservi nulla di vero in quanto ora intendo dalla vostra bocca, e che nè il re vostro padre, nè io abbiamo mandata la donna della quale parlate: non ce ne venne nemmeno in testa il pensiero. Permettetemi di dirvi ancora una volta, che non avete veduto questa dama se non in sogno.

«— Venite dunque anche voi per burlarvi di me,» tornò a dire il principe sdegnato, «e per asserirmi in faccia che quanto vi dico è un sogno?» Allora, afferratolo per la barba, si mise a pencuoterlo finchè glielo permisero le forze.