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tasi tosto in un pulce, e saltando al collo di Camaralzaman, lo punse sì vivamente, che il principe si destò e vi portò sopra la mano, ma nulla prese; Maimona era stata lesta a fare un salto addietro, e riprendere l’ordinaria sua forma, invisibile però come gli altri due geni, onde vedere ciò che sarebbe per succedere.

«Ritirando la mano, il principe la lasciò cadere su quella della principessa della China; aprì gli occhi, e stupì all’ultimo grado vedendo una giovine di tanta bellezza coricata al di lui fianco. Alzata allora la testa, si appoggiò sul gomito per meglio considerarla; la grande giovinezza della principessa e la sua impareggiabile avvenenza, lo accesero istantaneamente d’un fuoco, al quale non era ancora stato sensibile, e da cui erasi fin allora guardato con tanta avversione.

«L’amore s’impossessò del suo cuore nel modo più ardente, talchè non seppe frenarsi dall’esclamare: — Quale beltà! quai vezzi! cuor mio! anima mia!» E dicendo simili parole, la baciò in fronte, sulle guance e sulla bocca con sì poca precauzione, che sarebbesi svegliata, se non avesse dormito più profondamente del solito per l’incantesimo di Danhasch.

«— Come! mia bella,» disse il principe, «non vi svegliate a questi contrassegni d’amore del principe Camaralzaman? Chiunque voi siate, egli non è indegno del vostro.» Stava per risvegliarla; ma si trattenne d’improvviso. — Sarebbe mai,» disse fra sè, «quella che il sultano mio padre voleva darmi in matrimonio? Ha fatto assai male a non farmela veder prima; io non l’avrei offeso in pieno consiglio, colla mia disobbedienza e il mio troppo impeto contro di lui, e sarebbesi risparmiata a sè medesimo la confusione che gli recai.» Pentissi Camaralzaman sinceramente del fallo commesso, e fu di nuovo sul punto di destare