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chia torre, luogo di mia dimora, e dove l’ho poco fa ammirato.

«— Non voglio assolutamente contraddirvi,» ripigliò Danhasch; «ma, mia bella signora, mi permetterete di credere, finchè non abbia veduto il vostro principe, che nessun uomo o donna mortale si accosti alla beltà della mia principessa. — Taci, maledetto,» replicò Maimona, «ti dico un’altra volta che ciò non può essere. — Non voglio ostinarmi,» aggiunse Danhasch; «il mezzo di convincervi se dico il vero o il falso, è di accettare la proposta che già vi feci, di venir a vedere la mia principessa, e mostrarmi poscia il vostro principe.

«— Non fa d’uopo che mi prenda questo disturbo,» ripigliò ancora Maimona; «v’ha un altro mezzo di soddisfarci entrambi, ed è quello di portar via la tua principessa e metterla accanto al mio principe nel suo letto. In tal modo ci sarà facile, ad amendue, di paragonarli insieme, e decidere la nostra lite. —

«Acconsentì Danhasch alla proposta della fata, e voleva tornare alla China sul momento; ma Maimona lo fermò, dicendogli: — Aspetta; vieni prima con me, che ti mostri la torre, ove devi portare la tua protetta.» Volarono insieme fino alla torre, e quando Maimona l’ebbe fatta vedere a Danhasch: — Ora va a prendere la principessa,» gli disse, «e fa presto; mi troverai qui. Ma ascolta: intendo che almeno tu mi pagherai una scommessa, se il mio principe sarà più bello della tua principessa; e voglio anch’io pagartene una, se la tua principessa sarà invece più bella....»

Il giorno, che illuminava de’ vividi suoi chiarori l’appartamento, obbligò Scheherazade a cessare dal racconto. Ripigliò la continuazione la notte seguente, e disse al sultano dell’Indie: