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derlo sposo. Raccontatole dunque con dolore in qual guisa il figlio si fosse rifiutato per la seconda volta a compiacerlo, e palesatale l’indulgenza che pur voleva usargli, pel consiglio del gran visir: — Signora,» le disse, «so ch’egli ha maggior confidenza in voi che in me; che voi gli parlate, ed egli vi ascolta più familiarmente; vi prego di prendere il destro di favellargliene sul serio, e fargli comprender bene che se persiste nella sua ostinazione, mi costringerà alla fine di venirne ad estremità, delle quali sarei dispiacentissimo, e che lo farebbero pentire di avermi disobbedito. —

«Fatima, così chiamavasi la madre di Camaralzaman, mostrò al principe suo figliuolo, la prima volta che lo vide, d’essere informata del nuovo rifiuto d’ammogliarsi da lui dato al sultano suo padre, e quanto fosse dolente, che gli avesse somministrato sì grave motivo di sdegno. — Signora,» rispose Camaralzaman, «vi supplico di non rinnovare il mio dolore su questo argomento; temerei troppo, nel dispetto che provo, che mi sfuggisse qualche parola contraria al rispetto che vi devo.» Conobbe Fatima da tale risposta che troppo recente era la piaga, e per quella volta non gli disse altro.

«Molto tempo dopo, Fatima credette aver trovata l’occasione di parlargli sul medesimo soggetto, con maggiore speranza di venire ascoltata. — Figlio mio,» gli disse, «vi prego, se ciò non vi fa dispiacere, di indicarmi quali siano le ragioni, che v’ispirano tanta avversione pel matrimonio. Se non ne avete altre che quelle della malizia e cattiveria delle donne, non può esser dessa più debole, nè meno ragionevole. Non voglio prendere la difesa delle donne malvage: ve n’ha un numero grandissimo, ne convengo pur troppo; ma è un’ingiustizia delle più solenni l’imputarle tutte d’esser tali. Eh! figliuolo,