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«— Sire,» rispose il gran visir, «si viene a capo d’un’infinità di cose colla pazienza; forse non è questa di tal natura da riuscirvi per tal via; ma vostra maestà non avrà a rimproverarsi di aver usata troppa grande precipitazione, se volesse stimar a proposito di dare al principe un altro anno di tempo per consigliarsi. Se in questo intervallo rientra nel suo dovere, ella ne proverà una soddisfazione tanto maggiore, in quanto che non avrà adoperato se non la paterna bontà per obbligarvelo. Se, per lo contrario, persiste nella sua ostinazione, allora, spirato che sia l’anno, mi sembra che vostra maestà potrà, con tutta ragione dichiarargli in pieno consiglio, che il bene dello Stato esige che si ammogli. Non è credibile ch’ei vi manchi di riguardo al cospetto d’una celebre assemblea, che voi onorate della vostra presenza. —

«Il sultano, il quale tanto ardentemente desiderava di veder accasato il principe suo figliuolo, da sembrargli anni i momenti di sì lunga dilazione, ebbe molta difficoltà a risolversi ad attendere tanto tempo. Si arrese nondimeno alle ragioni del gran visir, cui non poteva disapprovare....»

L’alba, che già cominciava a comparire, impose qui silenzio a Scheherazade. Ripigliò essa la continuazione del racconto la notte seguente, e disse al sultano Schahriar:


NOTTE CCXIII


— Sire, quando il gran visir si fu ritirato, il sultano Schahzaman recossi all’appartamento della madre del principe Camaralzaman, alla quale da gran tempo aveva manifestato l’ardente desiderio di ve-