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esternasse grandi dimostrazioni di gelosia e di futura vendetta contro il principe di Persia. Niente affatto: non pensò menomamente al principe. Si dolse soltanto di Schemselnihar, ed è a credersi ch’egli attribuisse a sè medesimo quello ch’era accaduto, per il permesso accordatole di girare liberamente per la città senza essere accompagnata dagli eunuchi. Non si può congetturare diversamente, dalla maniera al tutto straordinaria con cui la trattò, come or ora udrete.

«La ricevette il califfo con viso aperto, e quando ebbe notata la mestizia ond’era oppressa, che nondimeno nulla scemava alla sua bellezza (poichè gli comparve davanti senza verun indizio di sorpresa o di timore): — Schemselnihar,» le disse con una bontà degna di lui, «non so tollerare mi veniate davanti con un’aria che infinitamente m’accora. Sapete con quanta passione v’ho sempre amata: dovete esserne persuaso per tutti i segni che mai sempre ve ne diedi. Io non cambio, e vi amo più che mai. Voi avete molti nemici, e questi mi fecero sfavorevoli rapporti sulla vostra condotta; ma tutto quello che hanno potuto dirmi, non produsse in me la minima impressione. Lasciate dunque questa malinconia, e disponetevi a trattenermi questa sera con qualche cosa di grato e piacevole secondo il vostro solito.» Le disse varie altre cortesissime cose, e la fece entrare in un magnifico appartamento vicino al suo, in cui la pregò di aspettarlo.

«L’afflitta Schemselnihar fu sensibilissima a tanti attestati di considerazione per la sua persona; ma più conosceva quanto ne fosse obbligata al califfo, e più sentivasi penetrata dal vivo dolore d’essere disgiunta forse per sempre dal principe di Persia, senza del quale non poteva più vivere.

«Questo colloquio del califfo e di Schemselnihar,» continuò la confidente, «ebbe luogo nel tempo che