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larle, e non istettero guari ad introdurlo in una sala, ov'essa trovavasi con alcune delle sue donne. — Signora,» le disse il gioielliere in aria e con accento che ben dimostravano la dolorosa nuova che le recava, «Dio vi conservi e vi colmi delle sue bontà! Non ignorate, che l’Onnipotente dispone di noi come gli aggrada... —
«Non gli diè la dama il tempo di continuare, e sclamò: — Ah! voi mi annunciate la morte di mio figlio!» Gettò nel medesimo tempo altissime strida, le quali, unite a quelle delle donne, rinnovarono le lagrime del gioielliere. Si tormentò ella e si afflisse per molto tempo prima di lasciargli riprendere il filo del suo discorso; ma avendo interrotto finalmente i pianti ed i gemiti, lo pregò a continuare, e nulla nasconderle delle circostanze di sì trista separazione. La soddisfece egli; e quand’ebbe finito, essa gli chiese se il principe suo figliuolo non lo avesse, negli ultimi momenti, incaricato di dirle qualche cosa di particolare. L’assicurò che l’infelice non aveva avuto maggior dolore quanto di morire lontano da lei, e che la sola cosa cui avesse, desiderato era, ch’ella volesse prendersi cura di far trasportare a Bagdad la di lui salma. Il giorno dopo, infatti, di buon mattino, si pose l’afflitta donna in via, accompagnata dalle donne e dalla maggior parte delle schiave.
«Quando il gioielliere, ch’era stato trattenuto dalla madre del principe di Persia, ebbe veduto partire la dama, tornò a casa, tutto dolente e ad occhi bassi, in grande cordoglio, per la morte d’un principe sì compito ed amabile, ed ancora nel fior degli anni.
«Mentre camminava in sè raccolto, ecco presentarsegli una donna e fermarsi, a lui davanti. Alzò gli occhi, e vide ch’era la confidente di Schemselnihar, vestita a lutto e tutta in lagrime. Rinnovò egli a tal vista i suoi pianti senza aprir bocca per parlarle, e continuò a camminare fino a casa, ove la confidente lo seguì ed entrò con lui.