Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
50 |
tempo ne chiese licenza al principe, ed ottenutala, ripigliò in tali accenti:
«Sire, quando il pescatore, dolente d’aver fatto sì cattiva preda, ebbe raccomodate le sue reti, rotte dal carcame dell’asino in più luoghi, gettolle un’altra volta. Nel tirarle, sentì ancora molta resistenza, cosa che l’indusse di nuovo a crederle piene di pesce. Ma avendovi invece trovato un gran canestro pieno di sabbia e di fango, ne fu sommamente accorato, e sclamò con voce lamentevole: — O fortuna, cessa una volta dall’essere irritata contro di me, e non perseguitar più un infelice che ti supplica di risparmiarlo. Io non ho altro mestiere fuor di questo per vivere, e malgrado tutte le cure che vi metto, appena giungo a provvedere ai più urgenti bisogni della mia famiglia. Ma io a torto mi lagno di te; tu ti compiaci di maltrattare gli onesti, e lasciare i grandi uomini nell’oscurità, mentre favorisci i malvagi, od innalzi quelli che non hanno virtù che li renda pregevoli.
«Sì lagnandosi, buttò via sdegnosamente il canestro, e lavate ben bene le reti imbrattate dal fango, gettolle una terza volta, ma anche allora ne trasse sol poche pietre, conchiglie e melma; talchè ci venne in tanta disperazione, che poco mancò non ne impazzisse. Nondimeno, poichè già cominciava ad albeggiare, non dimenticò di fare la sua preghiera da buon musulmano (1), e vi aggiunse questa: «Signore, voi sapete ch’io getto le reti quattro sole volte al giorno. Io le ho già gettate tre volte senza cavare il più piccolo frutto della mia fatica. Ora me ne rimane soltanto una, e per questa vi supplico di rendermi propizio il mare, come faceste con