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la confidente di Schemselnihar. Fra la gioia ed il timore che n’ebbe, se ne andò più veloce, senza guardarla; essa il seguì, come se lo era già immaginato, poichè il luogo in cui trovavasi, non gli parve opportuno per intertenersi con lei. Camminava alquanto sollecito, e la confidente, che non poteva tenergli dietro del medesimo passo, gli gridava di quando in quando d’aspettarla. Ben la intendeva egli, ma dopo ciò ch’eragli accaduto, non arrischiavasi di parlarle in pubblico, per tema di far sospettare che avesse relazione con Schemselnihar. In fatti, sapevasi in Bagdad che la schiava apparteneva a quella favorita, e che ne faceva tutte le provviste. Continuando adunque del medesimo passo, giunse ad una moschea poco frequentata, e dove sapeva non trovarsi alcuno; essa entrò dietro a lui, ed ebbero tutta la libertà di discorrere senza testimoni.

«Il gioielliere e la confidente di Schemselnihar attestaronsi reciprocamente il loro giubilo al rivedersi dopo la strana avventura cagionata dai ladroni, ed il timor loro l’un per l’altra, senza parlare di quello che riguardava le proprie persone.

«Il gioielliere voleva che la confidente cominciasse dal raccontargli in qual modo fosse fuggita colle due schiave, e che le desse quindi notizie di Schemselnihar dal tempo che non l’aveva veduta. Ma la confidente dimostrò tale smania di sapere prima ciò ch’era a lui accaduto dopo la loro impreveduta separazione, ch’egli fu costretto a soddisfarla. — Ecco,» le disse terminando, «quanto desideravate sapere; ora, ve ne prego, ditemi voi pure quello che vi ho già richiesto.

«— Quando vidi comparire i ladroni,» disse la confidente, «m’immaginai, senza esaminarli bene, che fossero soldati della guardia del califfo; che il califfo fosse stato informato dell’uscita di Schemselnihar, e li avesse mandati per tor la vita a lei,