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«Tale però non era l’intenzione delle guide: quando li ebbero fatti smontare, siccome dovevano andar a raggiungere la propria squadra, li raccomandarono ad un’ufficiale della guardia del califfo, che diede loro due soldati onde accompagnarli per terra al palazzo del principe di Persia, che stava assai lontano dal fiume. Vi arrivarono alla fine, ma stanchi in guisa che a stento potevano moversi.

«Oltre quella grande stanchezza, il principe era anche afflittissimo del disgraziato contrattempo accaduto a lui ed a Schemselnihar, e che gli toglieva d’ora innanzi la speranza d’un altro colloquio; talchè, appena seduto sul sofà, svenne. Mentre la maggior parte de’ suoi stavano intenti a farlo tornare in sè, circondarono gli altri il gioielliere, e lo scongiurarono a dire cosa fosse accaduto al principe, la cui assenza li aveva immersi in inesprimibile inquietudine.»

Scheherazade s’interruppe a queste ultime parole, vedendo i primi albori; la notte appresso ripigliò il racconto, dicendo al sultano dell’Indie:


NOTTE CCVI


— Sire, diceva ieri a vostra maestà, che mentre alcuni servi occupavansi a far rinvenire il principe di Persia dal suo svenimento, altri avevano chiesto al gioielliere cosa fosse accaduto al loro padrone. Il gioielliere, non volendo rivelar loro nulla di ciò che non ispettava ad essi di sapere, rispose essere una straordinaria avventura; ma che non era tempo di farne il racconto, e che valeva meglio pensare a soccorrere il principe. Per buona fortuna, questi risensò in quel momento, e quelli che aveangli fatta tale domanda con tanta premura, si trassero indietro, rimanendo in