Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
232 |
cauzioni per interessare ì malandrini nella confidenza intiera di ciò che lor voleva palesare, la quale, per quanto poteva giudicarne, non avrebbe mancato di non produrre buon effetto, ei fece loro, senza ommetter sillaba, la relazione minuta degli amori del principe di Persia o di Schemselnihar, dal principio fino all’abboccamonto da lui ad essi procurato nella propria casa.
«Maravigliarono assai i ladri di tutte quelle particolarità. — E che!» sclamarono, quando il gioielliere ebbe finito il suo racconto; «è mai possibile che quel giovane sia l’illustre Alì Ebn Becar, principe di Persia, e quella dama, la bella e famosa Schemselnihar?» Il gioielliere giurò di aver detta la pura verità, e soggiunse che non dovea sembrar loro strano se persone sì distinte avessero avuto ripugnanza a farsi conoscere.
«Su tale assicurazione, i malandrini corsero, l’un dopo l’altro, a gettarsi a’ piedi del principe e di Schemselnihar per supplicarli a perdonar loro, protestando che quella violenza non sarebbe accaduta, se stati fossero informati della qualità delle loro persone prima d’invadere la casa del gioielliere. — Ora,» soggiunsero, «procureremo di metter riparo al fallo da noi commesso.» Tornati quindi al gioielliere, gli dissero: «Siamo ben dolenti di non potervi restituire tutto ciò ch’è stato tolto di casa vostra, non essendone più una parte a nostra disposizione. Vi preghiamo pertanto a contentarvi delle argenterie, che tosto vi consegneremo. —
«Il gioielliere si stimò troppo fortunato della grazia che gli si faceva. Quando i ladri gli ebbero consegnate le argenterie, fecero venire il principe di Persia e Schemselnihar, e lor dissero, come anche al gioielliere, che li avrebbero condotti in un luogo dal quale potevano ritirarsi ciascheduno alle proprie case; ma