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alzò, ed andò a parlargli alla porta. — Sebbene voi non mi conosciate, gli disse quell’uomo, e io però vi conosco assai bene, e vengo a discorrervi d’un affare importante.» Il gioielliere, a quelle parole, lo pregò di entrare. — No,» riprese l’incognito, «abbiate, di grazia, piuttosto la compiacenza divenire con me fino all’altra vostra casa. — Come sapete voi,» soggiunse il gioielliere, «che io abbia un’altra casa? — Lo so,» tornò a dire lo sconosciuto. «Seguitemi, vi prego, e non temete di nulla; ho a comunicarvi qualche cosa che vi farà piacere.» Il gioielliere partì subito con lui; e raccontatagli, strada facendo, in qual maniera la casa, ove andavano, fosse stata spogliata, gli disse ch’ella non trovavasi in condizione di potervelo ricevere.

«Quando furono davanti alla casa, e che l’incognito ne vide la porta mezzo sfasciata: — Andiamo innanzi,» disse il gioielliere; «veggo che mi diceste la verità; vi condurrò io in un luogo ove staremo più comodi.» Così dicendo, continuarono a camminare, e procedettero tutto il resto del giorno senza fermarsi. Stanco il gioielliere del cammino percorso, e dolente di vedere che la notte si avvicinava, e lo sconosciuto camminava sempre, senza dirgli ove pretendesse condurlo, cominciava a perdere la pazienza, quando arrivarono in un luogo che guidava al Tigri. Giunti sulla sponda del fiume, quivi s’imbarcarono in un navicella, e passarono dall’altra parte. Allora lo sconosciuto condusse il gioielliere per una lunga strada, dove non era mai stato; e fattogli percorrere non so quanti viottoli remoti, si fermò ad una porta, aperta la quale, lo fece entrare, tornò a chiuderla ed assicurarla con una grossa spranga di ferro, e lo condusse in una camera in cui stavano dieci altri uomini, non meno ignoti al gioielliere di quello che lo aveva condotto.