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«Figuratevi l’allegrezza del giovane quando il gioielliere gli disse, che lo veniva a prendere per condurlo alla casa da lui preparata onde riceverlo unitamente a Schemselnihar. Quella nuova gli fece dimenticare le pene ed i patimenti sofferti. Indossò un abito magnifico, ed uscì, senza seguito, col gioielliere, il quale lo fece passare per parecchie vie remote, affinchè niuno li osservasse, e l’introdusse finalmente nella casa, ove cominciarono a conversare fino all’arrivo di Schemselnihar.

«Non aspettarono però a lungo quella troppo appassionata amante, la quale giunse dopo la preghiera del tramonto, colla confidente e due altre schiave. Mi sarebbe impossibile l’esprimervi l’eccesso del giubilo de’ due innamorati al vedersi. Sedettero sopra un sofà, estettero alcun tempo guardandosi senza poter proferire parola, tanto erano fuor di sè: ma quand’ebbero ricuperato l’uso della favella, ben si rifecero di quel silenzio, e si dissero scambievolmente cose si tenere, che ne piansero il gioielliere, la confidente e perfino le due schiave. Il gioielliere nondimeno asciugò le lagrime per pensare alla cena, che portò egli medesimo. I due amanti bevettero e mangiarono poco; quindi, ripostisi entrambi sul sofà, Schemselnihar domandò al gioielliere se non avesse un liuto o qualche altro stromento. Questi, che aveva avuto l’anti-veggenza di provveder quanto poteva farle piacere, le portò un liuto; impiegò essa alcuni momenti ad accordarlo, e poscia cantò....»

Qui si fermò Scheherazade, vedendo comparire il giorno. La notte seguente così proseguiva: