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seguiva, potesse anch’ella penetrarvi. Non mancò colei di farlo, e quando fu nella sua stanza: — Signore,» tornò a dirgli, «non potete far alcun uso della lettera che avete trovata, e non avreste difficoltà a restituirmela, se sapeste da qual parte viene ed a chi è diretta; d’altronde, permettetemi di dirvi che non potete con tutta coscienza tenerla. —

«Prima di rispondere alla confidente, il gioielliere la fece sedere, e quindi le disse: — Non è vero, che la lettera di cui si tratta è di mano di Schemselnihar, e diretta al principe di Persia?» La schiava, che non si attendeva simile domanda, cangiò colore. — La domanda v’imbarazza,» ripigliò egli; «ma sappiate che non ve la dirigo per indiscrezione: avrei potuto restituirvi la lettera in istrada; ma ho voluto farvi venir qui, essendomi assai caro l’aver con voi uno schiarimento. È egli giusto, ditelo voi, imputare un avvenimento spiacevole alle persone che non vi hanno per nulla contribuito? Eppure è quello che voi avete fatto quando diceste al principe di Persia, che io consigliai Ebn Thaher ad uscire di Bagdad per sua sicurezza. Non intendo perdere il tempo a giustificarmi con voi; basta che il principe di Persia sia persuaso appieno della mia innocenza su questo punto. Solo vi dirò che, invece di aver contribuito alla partenza di Ebn Thaher, io ne fui anzi estremamente mortificato, non tanto per l’amicizia che a lui mi stringeva, quanto per compassione dello stato, in cui lasciava il principe, ond’egli mi aveva rivelata la relazione con Schemselnihar. Accertatomi che Ebn Thaher non era più a Bagdad, corsi a presentarmi al principe, presso al quale mi trovaste, per dargliene la notizia, ed offrirgli i medesimi servigi ch’esso gli prestava. Sono riuscito nel mio disegno; e purchè voi pure abbiate confidenza in me quanta ne avevate in Ebn Thaher, starà in voi sola di servirvi utilmente