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mento mi sento trafitto il cuore da un colpo che m’arreca la morte. Non posso resistere, mio caro Ebn Thaher; la mia pazienza è al colmo; il mio male m’annienta, ed il mio coraggio soccombe.» Pronunciando queste ultime parole, vide accadere qualche cosa nel giardino che lo costrinse al silenzio; e a prestarvi la sua attenzione.

«Infatti, il califfo aveva ordinato ad una delle donne che stavangli vicino, di cantare sul suo liuto, ed essa cominciava i preludi. Le parole che pronunciò erano appassionatissime; ed il califfo, persuaso che cantasse per ordine di Schemselnihar, la quale avevagli spesso dato altre simili testimonianze di tenerezza, le spiegò in proprio favore. Ma questa volta, tale non era l’intenzione di Schemselnihar; le applicava essa al suo caro Alì Ebn Becar, e si lasciò penetrare d’un sì vivo dolore al vedersi davanti un oggetto, di cui più non poteva tollerare la presenza, che svenne; e rovesciandosi sul dorso del suo scranno senza bracciuoli, sarebbe caduta, se alcune delle sue donne non l’avessero tosto soccorsa; e presala fra le braccia, la portarono nel salone.

«Ebn Thaher, che stava nella galleria, sorpreso di quel caso, volse la testa verso il principe di Persia, ed invece di vederlo appoggiato alla gelosia per guardare come lui, rimase assai stupito al vederlo disteso a’ suoi piedi fuor de’ sensi. Da questo giudicò della forza dell’amore, ond’era infiammato il principe per Schemselnihar; ed ammirò quello strano effetto di simpatia, il quale gli cagionò un mortale affanno a motivo del luogo, in cui si ritrovavano. Fece dunque il possibile per far rinvenire il principe, ma indarno; stava egli in tale imbarazzo, allorchè la confidente di Schemselnihar venne ad aprire la porta della galleria, entrando tutta affannata, e come persona smarrita di senno. — Venite subito,» gridò, «ch’io vi faccia