Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/595


185

il principe di Persia più presto che non si credeva; e giunse a lui colle lagrime agli occhi; cosa che aumentò lo spavento di Ebn Thaher, il quale ne augurò alcun che di sinistro. — Signora,» le disse il principe, «ben veggo che venite ad annunziarmi la necessità di separarci. Purchè non abbia nulla di più funesto a temere, spero che il cielo mi darà la opportuna pazienza onde sopportare la vostra lontananza. — Aimè, cuor mio, anima mia cara,» interruppe la troppo tenera Schemselnihar, «quanto vi trovo felice, e quanto infelice mi conosco, allorchè paragono la vostra sorte col triste mio destino! Soffrirete certo di non vedermi; ma questa sarà tutta la vostra pena, e potrete consolarvene colla speranza di rivedermi. Ma quanto a me; giusto cielo! a qual rigorosa prova son io ridotta? Non solo sarò priva della vista di chi unicamente amo, ma dovrò sostenere quella d’un oggetto, che voi mi rendeste odioso! L’arrivo del califfo non mi rammenterà forse la vostra partenza? E come mai, occupata della cara vostra immagine, potrò dimostrare a quel principe la gioia che traspariva da’ miei occhi ogni qual volta è venuto a vedermi? Avrò distratto lo spirito parlandogli, e le minime compiacenze che avrò pel suo amore, saranno altrettante pugnalate che mi trapasseranno il cuore. Potrò io gustare le sue dolci parole e le sue carezze? Giudicate, o principe, a quali tormenti sarò esposta quando non vi vedrò più.» Le lagrime che versò allora ed i singhiozzi le impedirono di parlar più oltre; il principe di Persia avrebbe voluto rispondere, ma non n’ebbe la forza: il suo proprio dolore e quello che esternava l’amante, avevangli soffocata la parola.

«Ebn Thaher, il quale, dal canto suo, non aspirava se non a vedersi fuor del palazzo, fu costretto a consolarli, esortandoli alla pazienza; ma la schiava venne ad interromperlo, dicendo a Schemselnihar: — Signo-