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siffatta visita, poichè la presenza di Ebn Thaher, che aveva libero l’ingresso in casa della favorita, lo metteva intorno a ciò fuori d’ogni inquietudine. Seguirono dunque la schiava, che li precedeva di pochi passi, ed entrarono dietro di lei nella residenza del califfo, raggiungendola alla porta del palazzo di Schemselnihar, ch’era già aperta. Li introdusse quella in una gran sala, ove li pregò di sedere.
«Si credè il principe di Persia in uno di quei palagi deliziosi promessi nell’altro mondo, non avendo egli fin allora nulla veduto che si avvicinasse alla magnificenza del luogo, in cui si trovava. I tappeti, i cuscini d’appoggio e gli altri addobbi del sofà, colle mobiglie, gli ornamenti e l’architettura, erano di bellezza e ricchezza sorprendenti. Poco dopo ch’egli ed Ebn Thaher furono seduti, una schiava negra servì loro una tavola coperta di parecchi delicatissimi cibi, il cui grato odore faceva giudicare della finezza degl’ingredienti. Mentre mangiavano, la schiava che avevali condotti non li abbandonò mai, e prendeva gran cura di sollecitarli a mangiare que’ manicaretti che sapeva migliori; altre schiave mescettero loro vino eccellente al finire del pasto. Terminarono infine, e fu a ciascuno presentato separatameme un bacile ed un bel vaso d’oro pieno d’acqua per lavarsi le mani, poi si recò loro il profumo d’aloè in un braciere portatile pur d’oro, di cui profumaronsi la barba e gli abiti. Nè fu dimenticata l'acqua d’odore, che trovavasi in un vaso d’oro adorno di diamanti e rubini, fatto espressamente a tal uopo, e fu loro gettata sulle mani, ch’essi ripassarono quindi sulla barba e su tutto il volto, secondo l’uso. Erano appena tornati a sedere al posto, quando la schiava li pregò d’alzarsi e seguirla; ed aperta una porta della sala in cui si trovavano, li introdusse in un vasto salone di maravigliosa architettura. Era una