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vedere sull’istante.» Sì dicendo, prese una scatola, contenente parecchi farmachi, che portava sempre con sè per valersene all’occasione e ne trasse un’ampolla di balsamo, con cui fregò a lungo il collo al gobbo. Prese poscia dall’astuccio un ferro pulitissimo che gli mise fra i denti; ed apertagli la bocca, gli cacciò in gola un paio di pinzette, colle quali estrasse il pezzo di pesce e la spina, cui fece vedere a tutti. Il gobbo subito sternutò, stese braccia e gambe, aprì gli occhi e diè vari altri segni di vita.

«Il sultano di Casgar e tutti quelli che furono testimoni di sì bella operazione, rimasero non tanto sorpresi di veder risuscitato il gobbo dopo una notte intiera e la maggior parte del giorno trascorsa senza dare alcun indizio di vitalità, quanto del merito e della capacita del barbiere, che si cominciò, malgrado i suoi difetti, a riguardare come un gran personaggio. Il sultano, fuor di sè pel giubilo e l’ammirazifone, ordinò che la storia del gobbo fosse messa in iscritto con quella del barbiere, affinchè non ne andasse più mai perduta la memoria, che tanto meritava di essere conservata. Nè si contentò di questo: perchè il sarto, il medico ebreo; il provveditore ed il mercadante cristiano più non si ricordassero se non con piacere dell’avventura lor cagionata dal caso del gobbo, non li rimandò a casa se non dopo averli fatti rivestire ciascuno in propria presenza d’una veste ricchissisima. Quanto al barbiere, l’onorò d’una buona pensione, e lo trattenne presso di sè.»

La sultana Scheherazade pose termine così a quella lunga serie di avventure, cui la pretesa morte del gobbo aveva data occasione. Siccome il giorno già compariva, essa tacque, e la sua cara sorella Dinarzade, vedendo che non parlava più, le disse: — Mia principessa, mia sultana, mi è tanto più piaciuta la storia che ora tu finisti, in quanto che termina con un caso, al quale