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costei contratta tanta abitudine di folleggiare col crudele Schacabac tutte le volte che lo vedeva, che ciò le accadde un giorno in presenza del marito; e mio fratello, senza badare che questi li osservava, si avvisò, pe’ suoi peccati, di corrispondere a’ di lei scherzi. Immaginò tosto il Beduino che vivessero ambedue in colpevole intelligenza; e tal sospetto messolo in furore, si scagliò su mio fratello, e mutilatolo barbaramente, lo condusse sur un camello in cima ad una montagna deserta, ove lo abbandonò. Stava quel monte sulla strada di Bagdad, di modo che i passaggeri che lo avevano incontrato, mi avvisarono del luogo ove si trovava. Recatemi colà in tutta fretta, trovai il misero Schacabac in uno stato deplorabile; gli diedii soccorsi de’ quali aveva bisogno, e lo ricondossi in città.
«Ecco che cosa raccontai al califfo Mostanser Billah,» soggiunse il barbiere. «Quel principe mi applaudì con nuovi scoppi di risa — Ora,» mi disse, «non posso più dubitare che non vi abbiano dato a buona ragione il soprannome di taciturno: chi potrebbe asserire il contrario? Per certe ragioni però vi comando d’uscire al più presto dalla città: andate, e ch’io non senta più parlare di voi.» Fu forza cedere alla necessità, e viaggiai per vari anni in lontani paesi. Seppi finalmente che il califfo era morto, e tornato a Bagdad, non trovai più in vita uno solo de’ miei fratelli. Fu appunto al mio ritorno in quella città, che resi al giovane zoppo l’importante servigio cui avete inteso; ma foste anche testimoni della sua ingratitudine e del modo ingiurioso onde m’ha trattato. Invece di mostrarmisi riconoscente, preferì d’evitar la mia presenza ed allontanarsi dal suo paese. Quando mi fu noto che non era più a Bagdad, sebbene nessuno mi sapesse dire da qual parte rivolti avesse i passi, non lasciai tuttavia di mettermi in viaggio per