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preparata con aceto, miele, uve secche, piselli e fichi secchi, che gli fu portata come il piatto di castrato. — È ben grassa quest’oca,» disse il Barmecida; «mangiatene solo una coscia ed un’ala. Bisogna economizzare il vostro appetito, poichè ci verranno ben altre cose ancora.» Infatti, domandò parecchi altri piatti di varie sorta, de’ quali mio fratello, morendo di fame, continuò a fingere di mangiare. Ma ciò che il vecchio vanto sopra tutto il resto, fu un agnello ripieno di pistacchi, che ordinò di portare, e fu servito come i piatti precedenti. — Oh! quanto a questo,» disse il Barmecida, «è un piatto che non si mangia altrove fuor di qui; voglio che ve ne saziate.» Sì dicendo, fece come se avesse un boccone in mano, ed accostatolo alla bocca di mio fratello: -- Prendete,» gli disse, «mangiate questo: giudicherete se ho torto di vantarlo tanto.» Mio fratello allungò il collo, aprì la bocca, finse di prendere il boccone, masticarlo, ed inghiottirlo con estremo piacere. — Ben sapeva,» disse il Barmecida, «che lo trovereste buono. — Non ho mangiato nulla di più squisito,» rispose mio fratello; «sulla mia parola, è una cosa deliziosa questa vostra tavola. — Si porti ora il ragù,» gridò il Barmecida; «credo che non ne sarete men contento dell’agnello. Or bene, che ne pensate? — Stupendo,» sclamò Schacabac; «vi si sente tutt’insieme l’ambra, il garofano, la noce moscada, il zenzevero, il pepe, e le erbe più odorifere; e tutti questi odori sono sì ben mescolati, che l’uno non impedisce all’altro di farsi sentire. Che delizia! — Fate dunque onore a questo ragù,» replicò il Barmecida; «mangiatene a sazietà, ve ne prego. Olà, schiavo,» aggiunse, alzando la voce, «ci si porti un altro ragù. — Oh, grazie, non occorre,» interruppe mio fratello; «in verità, signore, non m’è possibile mangiar altro; non ne posso più. — Allora sparecchiate,» disse il Barmecida, «e portate