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presentò la sua, e lo condusse in una camera remota, ove, conversato ancora qualche tempo con lui, lo lasciò dicendo: — Fermatevi qui; sono di ritorno tra breve.» Egli l’aspettò; ma invece della dama, vide giungere un grande schiavo negro colla scimitarra sguainata, il quale, guardando mio fratello con occhio terribile: — Che fai tu qui?» gli disse fieramente. Alnaschar, a quell’aspetto, fu colto da tale spavento che non ebbe la forza di rispondere; lo schiavo allora, spogliatolo, gli tolse il danaro che portava, e lo ferì con parecchi colpi di scimitarra, ma nelle carni soltanto. Cadde l’infelice al suolo, ove rimase senza moto, benchè conservasse ancora l’uso de’ sensi. Il negro, credendolo morto, domandò del sale; la schiava greca gliene portò un bacile pieno; e ne fregarono le piaghe di mio fratello, il quale, malgrado il cocente dolore che soffriva, ebbe la presenza di spirito di non dare verun segno di vita. Quando il negro e la schiava greca furono partiti, la vecchia, che aveva fatto cadere mio fratello nell’agguato, venne a prenderlo pei piedi; e trascinatolo fino ad una botola che aprì, ve lo gettò dentro; egli si trovò in un sotterraneo, con parecchi cadaveri di persone assassinate; del che si avvide appena rinvenuto, poichè la violenza della caduta tratto lo aveva di sentimento. Il sale onde gli s’erano fregate le piaghe, lo conservò in vita; e ripresa a poco a poco forza bastante per sostenersi, due giorni dopo, aperta durante la notte la botola, e notato nel cortile un sito proprio a nascondersi, vi rimase fino allo spuntar del giorno. Vide allora comparire l’esecrabile vecchia, la quale, aperta la porta di strada, partì per andar in cerca d’altra preda. Affinchè costei non lo vedesse, non uscì da quell’infame dimora se non alcuni momenti dopo di lei, e venne a rifuggirsi a casa mia, ove mi raccontò tutte le avventure in sì breve tempo accadutegli.