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tico per quei favori, egli stimavasi il più felice uomo del mondo, ed era tentato di scherzar pure con quell’amabile persona; ma non osava prendersi tal libertà davanti a tante schiave, che gli tenevano gli occhi addosso, e non cessavano di ridere di quei trastulli. Continuò la giovane dama a dargli schiaffi, ed alla fine, gliene applicò uno sì aspramente, che ne rimase scandalizzato. Arrossì e si alzò per allontanarsi da sì ruvida giuocatrice. Allora la vecchia, stata sua guida, lo guardò in guisa da fargli comprendere che aveva torto, e non ricordavasi dell’avvertimento datogli di essere compiacente. Riconosciuto il proprio errore, per porvi riparo si riaccostò alla giovane, fingendo di non essersene allontanato per mal umore. Lo tirò essa pel braccio, se lo fece sedere nuovamente vicino, e continuò a fargli mille maliziose carezze. Le sue schiave, che cercavano soltanto di divertirla, si misero della partita; e l’una dava al povero Bakbarah buffetti con tutta la forza sul naso, l’altra gli tirava le orecchie fino a strappargliele, ed altre finalmente davangli guanciate, che oltrepassavano ogni scherzo. Mio fratello soffriva tutto con mirabile pazienza, affettava anzi un’aria allegra, e guardando la vecchia con forzato sorriso: — L’avete detto bene,» diceva, «che avrei trovata una dama assai buona, piacevole e seducente! Quante obbligazioni vi debbo! — Questo è ancor niente,» rispose la vecchia; «lasciate fare, e vedrete ben altro.» La giovane dama prese allora la parola, e disse: — Voi siete un brav’uomo: sono contenta di trovare in voi tanta dolcezza e compiacenza pe’ miei capricci, ed un umore sì somigliante al mio. — Signora,» ripigliò Bakbarah, lusingato da que’ detti, «son tutto vostro, e potete disporre di me come vi parrà. — Quanto piacere mi fate,» replicò la dama, «dimostrandomi tanta sommissione. Sono contenta di voi, e voglio che lo