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di pietà, non potei risolvermi ad ucciderla, ed ordinai al massaio di andare a prenderne un’altra.

«Mia moglie, che trovavasi presente, fremè della mia compassione, ed opponendosi ad un ordine che rendeva vana la sua malizia: — Che fate voi, amico?» sclamò. «Immolate questa vacca: il vostro massaio non ne ha di più belle, nè più alte all’uso che vogliamo farne.» Per compiacenza alla moglie mi accostai alla vacca, e soffocando la pietà che ne sospendeva il sagrificio, stava per vibrarle il colpo mortale, allorchè la vittima, raddoppiando i pianti ed i muggiti, mi disarmò una seconda volta. Allora consegnai il maglio al massaio, dicendogli: — Prendete, e sagrificatela voi stesso, perchè i suoi muggiti e le sue lagrime mi spezzano il cuore.

«Il massaio, meno pietoso di me, la sagrificò, ma nello scorticarla trovammo aver ella le sole ossa, benchè ci fosse sembrata molto grassa. Io ne provai un vivo dispiacere, e: — Tenetela per voi,» dissi al massaio, «io ve la lascio; fatene regali e limosine a chi v’aggrada; se avete un bel vitello, conducetemelo in sua vece.» Io non m’informai che cosa facesse quindi della vacca, ma non molto dopo che l’ebbe tolta da’ miei occhi, lo vidi giungere con un vitello. Sebbene ignorassi che quel vitello fosse mio figlio, non potei a meno di sentirmi commosso fin nelle viscere alla di lui vista. Dal canto suo, quando ei mi vide, fece uno sforzo sì grande per avvicinarmisi, che ruppe la corda ond’era legato. Allora gettossi ai miei piedi, col capo contro terra, quasi per eccitarmi a compassione e scongiurarmi di non aver la crudeltà di togliergli la vita, avvertendomi, per quanto stava in lui, ch’egli era mio figlio.

«Io rimasi ancor più atterrito e commosso da quest’atto, che nol fossi stato dalle lagrime della vacca; risentii una tenera pietà per lui; o, a me-