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vostra? — Non voglio tornarvi,» gli risposi; «quel maledetto barbiere non mancherebbe di venirmi a trovare; ne sarei importunato ogni giorno, e morrei finalmente della rabbia d’avermelo sempre davanti agli occhi. D’altronde, dopo quanto mi è accaduto oggi, non so risolvermi a rimaner più a lungo in questa città, ed intendo andare dove la mia stella vorrà portarmi.» Infatti, appena fui guarito, presi tutto il denaro onde mi parve aver bisogno per viaggiare, e feci dono a’ miei parenti del resto delle mie sostanze.

«Partii dunque da Bagdad, o signori, e venni fin qui. Sperava di non incontrare quel pernicioso barbiere in un paese sì lontano dal mio: eppure lo trovo fra voi. Non siate dunque sorpresi della fretta che ho d’allontanarmi: ben concepirete la pena che mi deve fare la vista d’un uomo il quale fu origine di vedermi zoppo e ridotto alla triste necessità di vivere lontano da’ miei parenti, dagli amici e dalla patria.» Terminando tali parole, il giovane zoppo si alzò ed uscì, accompagnato dal padrone di casa fino alla porta, per dimostrargli il proprio dispiacere d’avergli dato, benchè involontariamente, sì grande motivo di mortificazione.

«Partito il giovine,» continuò il sartore, «fummo tutti maravigliati della sua storia; e volti gli sguardi sul barbiere, dicemmo che aveva torto, severo era il racconto dello zoppo. — Signori,» ci rispose colui, alzando la testa, da lui tenuta sempre bassa fin allora, «il silenzio in cui stetti finchè quel giovine vi diresse la parola, deve attestarvi ch’egli nulla disse, ond‘io non sia d’accordo. Ma checchè abbia potuto dirvi sostengo che io doveva fare quello che ho fatto; e ve ne fo giudici voi medesimi. Non erasi egli gettato nel pericolo? E senza il mio aiuto, ne sarebb’egli uscito sì felicemente? È ben fortunato d’essersela cavata con una gamba incomodata. Non mi sono io esposto a maggior pericolo per trarlo d’una casa,